Dal 1° gennaio 2021 sarà in vigore il regolamento (Ue) 2017/821 sui minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, anche noti come conflict minerals o blood minerals.

Risultato di un lungo processo partito nel 2014, il regolamento si pone l’obiettivo di fermare il commercio di minerali che sono utilizzati per finanziare gruppi armati, che sono causa di lavori forzati e di altre violazioni dei diritti umani e che favoriscono corruzione e riciclaggio di denaro.

La normativa obbliga le imprese a indicare provenienza, quantità e data di estrazione dei minerali.
Se la provenienza corrisponde a zone di conflitto o ad alto rischio, gli importatori dovranno indicare anche la miniera di provenienza, il luogo di lavorazione nonché le imposte corrisposte.

Gli obblighi di comunicazione si rivolgono alle imprese operanti nella fase upstreamin altre parole, interessano industrie estrattive e commercianti dei minerali nonché fonderie e raffinerie i cui schemi di due diligence saranno sottoposti a scrutinio dagli stessi importatori di minerali, che condizioneranno il loro trasferimento all’accertamento della conformità alle disposizioni del regolamento.

I minerali in questione sono la cassiterite, fonte dello stagno, la wolframite che è alla base del tungsteno, la columbite-tantalite del tantalio; a questi si aggiunge l’oro; questi quattro metalli – chiamati 3Tg dalla dicitura inglese – sono impiegati nella produzione di numerosi beni, tra cui componenti elettroniche di computer, telefonini, nell’automotive, nell’utilizzo dell’oro.

Imprese coinvolte
Uno dei punti cardine delle discussioni sul regolamento Ue – che hanno coinvolto anche società civile, industrie e commercianti – ha riguardato l’imposizione di obblighi anche in capo alle imprese attive nel downstreamossia le imprese che importano direttamente i metalli o attive nelle fasi successive di produzione, assemblaggio o utilizzo finale.

La corrispondente disciplina statunitense (sezione 1502 del Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act del 2010) richiede a tutte le imprese quotate in borsa, le cui azioni sono registrate presso la Securities and Exchange Commission (Sec), di rendere pubbliche le procedure applicate per l’identificazione delle fonti di approvvigionamento dei metalli 3Tg. Considerando che tra le quotate ci sono soprattutto società produttrici di beni finiti, tali obblighi si estendono a tutta la supply chain, includendo imprese nazionali e internazionali, attive nel downstream.

Rispetto al downstream, il regolamento Ue, invece, impone obblighi di dovere di diligenza solo alle imprese che importano direttamente i metalli, non ricomprendendo le imprese attive nelle fasi successive di produzione, assemblaggio o utilizzo finale. Ciò, di fatto, rimette nelle mani dei consumatori la possibilità di scegliere beni prodotti con minerali “conflict-free” e conseguentemente il livello di efficacia della normativa.

Portata geografica

Il regolamento Ue, più ampiamente, impone i suddetti obblighi di due diligence se i metalli provengono da zone di conflitto o ad alto rischio, senza una precisa connotazione geografica, ma in base a circostanze meglio specificate in apposite linee guida. In particolare, le imprese europee importatrici dovranno effettuare le opportune verifiche se i minerali provengono da zone di conflitti armati, zone fragili in quanto reduci da conflitti, zone caratterizzate da una governance e una sicurezza precarie o inesistenti, come uno stato in dissesto, e da violazioni generalizzate e sistematiche del diritto internazionale, incluse le violazioni dei diritti dell’uomo.

Circostanze che costituiscono indicatori di rischio

Indicatore di rischio: mediante le informazioni raccolte grazie al sistema di gestione dell’impresa è possibile identificare anomalie o circostanze insolite che danno adito al ragionevole sospetto che i minerali possano contribuire a conflitti o ad abusi gravi legati alla loro estrazione, al loro trasporto o al loro commercio.

Queste informazioni di tipo operativo sono ricavate quasi interamente dai dati raccolti dalle imprese mediante l’esercizio del dovere di diligenza. Le anomalie/circostanze insolite possono assumere varie forme.

Il supplemento sull’oro delle Linee guida dell’OCSE sul dovere di diligenza fornisce questo esempio: se in un paese di norma si utilizzano gioielli in oro a 14 carati (58 %), è bene porsi dei dubbi su un’offerta riguardante gioielli riciclati con una concentrazione dichiarata del 90 %.

Tra gli altri esempi figurano la situazione in cui un fornitore a monte (ad es. un esportatore locale) riesce inspiegabilmente ad aumentare il proprio volume di minerali esportati in un breve periodo di tempo e le segnalazioni di casi frequenti di furti di risorse minerali in una regione in cui l’importatore europeo ha motivo di credere di approvvigionarsi.

Altri esempi di «circostanze insolite» riguardanti in modo specifico l’oro e altri metalli preziosi figurano nel paragrafo 111 della Risk-based guidance for dealers in precious metals and stones (Guida basata sul rischio per commercianti in metalli e pietre preziose) del Gruppo di azione finanziaria internazionale e nella relazione Risk-based approach workbook for Dealers in Precious Metals and Stones (Manuale per un approccio basato sul rischio per commercianti in metalli e pietre preziose) del Financial Transaction and Reports Analysis Centre del Canada tra cui i seguenti:

  • un cliente non noto chiede a una raffineria di fondere oro in lingotti;
  • la purezza, il peso, l’origine e il valore dell’oro non sono corretti sui moduli per la dichiarazione in dogana;
  • persone o imprese prive di licenza producono e commercializzano oro;
  • lingotti con caratteristiche fisiche non conformi alle norme del settore.

Seguiranno aggiornamenti sugli sviluppi e d’accordo con la CNA di Bruxelles organizzeremo specifici incontri con la Commissione Europea.