I taxi sono un servizio pubblico a disposizione degli utenti che non costano nulla alla collettività. Gli investimenti per offrire un servizio efficiente ai clienti sono totalmente a carico dei tassisti: le auto in buono stato e con basse emissioni inquinanti per tutelare l’ambiente, i massimali assicurativi doppi rispetto a quelli dei privati per garantire i giusti risarcimenti in caso di problemi, le costosissime tecnologie e il mantenimento dei dipendenti delle centrali radiotaxi necessari perché gli utenti possano trovare un mezzo in qualunque momento sono senza nessun contributo.Se finanziati per garantire il diritto costituzionale della mobilità delle persone, anche il taxi costerebbe molto meno, probabilmente come un autobus.
È bene sfatare le numerose dicerie che girano sulle liberalizzazioni. In tutti i Paesi d’Europa il servizio è regolamentato nel numero delle licenze, nelle tariffe, e con vincoli territoriali ove esercitare. Solo in Olanda, parzialmente, e in Irlanda, lo sono. Laddove sono state tentate esperienze in tal senso le tariffe sono praticamente raddoppiate nel giro di poco tempo.
I taxi in Italia non sono i più cari d’Europa: un’indagine indipendente effettuata su 22 grandi città di Paesi europei lo dimostra, così come da un recente studio svolto dagli Automobil Club Europei, il servizio taxi italiano, in alcune realtà, si è addirittura classificato nei primi posti in Europa per qualità, correttezza e trasparenza tariffaria sul totale delle 22 città esaminate.
I tassisti pagano, come tutti gli altri cittadini, i rigori della manovra finanziaria di questo governo, forse tra i più colpiti, con carburanti a quasi 2 euro al litro, pensioni a quasi 70 anni, aumento dei versamenti contributivi. I taxi non si muovono all’interno di un mercato con piena libertà d’impresa, hanno una licenza. Quest’atto della pubblica amministrazione, comporta una serie di limiti, di controlli, sanciti dal diritto in generale e dalla legge quadro del settore n°. 21/92. Tutte queste norme impediscono al tassista di confrontarsi nel mercato in modo autonomo, con gli stessi meccanismi che altri operatori hanno.
Va considerata anche la filosofia di base che i legislatori, negli anni, hanno sviluppato per il servizio taxi. Sono partiti dal presupposto di dare un trasporto individuale ad un medesimo prezzo, equilibrato e praticato da tutti i tassisti all’interno di un’area comunale. Il numero degli operatori è regolato dall’ente comunale che rilascia le licenze d’esercizio, attenendosi al numero d’abitanti e di potenziali utenti. Le pubbliche amministrazioni stabiliscono un equo rapporto domanda-offerta, le tariffe ed effettuano i controlli.
Lo stretto controllo è necessario, per offrire all’utenza un servizio di trasporto certo, l’unico garantito 24 ore su 24, un’equilibrata tariffa, applicata su tutti i mezzi, indipendentemente dal numero di persone trasportate.
Se liberalizzato, il servizio taxi finirebbe d’essere tale, diventando noleggio da rimessa, per cui si debbono “liberalizzare” anche le tariffe applicate. Altra considerazione: per qualunque servizio o prodotto, in uno scambio commerciale, sotto un certo prezzo o tariffa, non si può andare. Passare una certa soglia al ribasso, può significare, in ogni modo siano i prezzi, di libero mercato o meno, un’anomalia profonda per quel che concerne sia la sicurezza dei mezzi, che l’eventuale necessario sfruttamento della manodopera impiegata.
Tutto ciò, con il decadimento della qualità ed un aumento d’insicurezza per i trasportati. Da tutto questo, si evince che il settore taxi non è un comparto che sta all’interno di una logica di libero mercato, e quindi l’autorità garante per la concorrenza, non può averlo come oggetto di controllo.
Meglio sarebbe intervenire fermamente sul versante dell’abusivismo, che in questo settore, anche nella nostra Provincia, crea problemi alle imprese che operano correttamente, con requisiti e mezzi idonei e controllati e che pagano le tasse.