Dal 1° marzo, le imprese del settore edilizio stanno affrontando importanti sfide con l’aumento della ritenuta sui bonifici, portata dall’8% all’11%, come stabilito nella Legge di Bilancio 2024 riguardante i bonifici parlanti legati al pagamento di corrispettivi che beneficiano di detrazioni fiscali. Negli anni la percentuale di ritenuta ha subito varie fluttuazioni legislative: dal 10% nel 2010, al 4% nel 2011, per poi assettarsi all’8% nel 2015, rimanendo invariato fino ad oggi.
Quest’ultimo aumento ha generato un allarme per le imprese del comparto edilizio, che vedono minacciata la loro liquidità. Si ricorda, infatti, che la ritenuta viene applicata sui ricavi, mentre le imposte sono calcolate sul reddito. CNA si è subito attivata nel sollecitare il Governo a rivedere la misura, visto il notevole impatto su settori già in difficoltà. Inoltre, per le imprese edili e di impianti, la discrepanza tra ricavi e reddito può essere significativa.
“Sebbene i bonus fiscali, per lavori in edilizia, siano stati un’importante leva per consentire a famiglie e imprese di migliorare il patrimonio immobiliare – commenta Pietro Renda, presidente di costri – oggi assistiamo a una costante demonizzazione degli effetti positivi, senza tenere conto dei vantaggi legati al mantenimento conservativo degli immobili e al conseguente risparmio energetico”.
“Sulle montagne russe – prosegue Renda – ci sono imprese artigiane che, pur dimostrando grande capacità di adattamento, non possono affidarsi a misure strutturali per garantire una stabilità organizzativa nel lungo termine. Dall’interruzione del superbonus, alla limitazione della cessione del credito e dello sconto in fattura, fino all’aumento del 3% della ritenuta sui bonifici: sono cambiamenti destabilizzanti che impattano negativamente sulla liquidità”.
Per le imprese del settore degli impianti con punteggio ISA di affidabilità superiore a 8 (su scala da 1 a 10), emerge che per ogni 100€ di ricavi, le imprese individuali generano circa 30€ di reddito, mentre le società di capitali producono poco più di 11€ di reddito per gli stessi ricavi. In altre parole, l’11% di ritenuta equivale a chiedere alle imprese individuali di anticipare una tassazione di oltre il 37% del reddito e alle società di capitali oltre il 98% del reddito. Per recuperare completamente l’importo delle imposte anticipate con la ritenuta, le imprese devono attendere da un minimo di 283 giorni a un massimo di 647 giorni, quasi 2 anni.
È quindi comprensibile la forte preoccupazione delle aziende del settore per i problemi di cassa derivanti dall’aumento della ritenuta. “Per la nostra azienda, la ritenuta d’acconto applicata sui bonifici dei bonus fiscali, era già penalizzante quando era all’8%, ora la situazione è davvero insostenibile” – commentano Paolo Francia e Claudia Campana di Climatek srl di Forlì, centro assistenza caldaie, climatizzazione e sicurezza con oltre trent’anni di esperienza.
“Nel 2023, con la ritenuta all’8%, questo credito per noi si è aggirato attorno ai 70.000 €, importo che recupereremo solo alla chiusura dell’esercizio, quindi non prima di giugno prossimo. L’11% applicato sul totale del lavoro, spesso supera l’utile netto. Inoltre, per recuperare in compensazione crediti per importi superiori 5.000€, in molti casi occorre certificare il dichiarativo con ulteriori costi a carico dell’impresa”.
“Ancora una volta – conclude Matteo Zanchini, responsabile CNA Installazione e Impianti Forlì-Cesena – continueremo a contrastare provvedimenti come questi che, seppur meno noti di altri, mettono a rischio molte piccole e medie imprese, minando il tessuto economico locale e compromettendo la tradizione artigiana del nostro territorio”.