Il decreto legislativo sulle pratiche commerciali sleali della catena alimentare, recentemente entrato in vigore nel nostro paese, introduce norme finalizzate a contrastare ed impedire le pratiche commerciali sleali negli scambi tra gli operatori della filiera agroalimentare, in attuazione della direttiva (UE 2019/633), che mira a garantire un livello minimo di tutela comune a tutta l’Unione Europea, a partire dalla individuazione di un elenco di pratiche commerciali sleali vietate e di un elenco di pratiche che saranno invece autorizzate solo se concordate in termini chiari e univoci tra le parti al momento della conclusione dell’accordo di fornitura.
“Il recente accordo politico sulle pratiche commerciali sleali nella catena agroalimentare – spiega Sergio Ceccarelli, presidente regionale CNA Agricoltura – rappresenta un importante passo avanti nel rafforzamento delle piccole e medie imprese agroalimentari che, nelle relazioni con altri attori della filiera, spesso subiscono pratiche che si discostano da una buona condotta commerciale e sono contrarie a buona fede e correttezza. La catena di approvvigionamento alimentare è più vulnerabile a queste pratiche a causa dei forti squilibri tra piccoli e grandi operatori. Spesso agricoltori e piccoli produttori non hanno sufficiente potere contrattuale per difendersi dalle pratiche commerciali sleali”.
Il DLGS definisce le pratiche commerciali vietate, razionalizza e rafforza il quadro giuridico nella direzione della maggior tutela dei fornitori e degli operatori della filiera agricola e alimentare rispetto a queste pratiche. Inoltre, definisce che i contratti di cessione devono essere basati su principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni e devono essere conclusi obbligatoriamente mediante atto scritto stipulato prima della consegna dei prodotti ceduti.
Nonostante le integrazioni recentemente apportate dal legislatore a cui le aziende del settore agroalimentare sono chiamate a adeguarsi, il decreto presenta ancora numerosi punti aperti, lasciando spazio a non pochi dubbi interpretativi con cui le aziende si scontrano quotidianamente nella prospettiva di conformare le relazioni commerciali.
“Il compito di una associazione come CNA – conclude Ceccarelli – è continuare a lavorare nella direzione di una reale tutela del settore agroalimentare. Lo scopo della norma è di dare vita ad un corpus normativo armonizzato che tuteli le piccole imprese del settore da comportamenti sleali indipendentemente dal fatturato aziendale”.