Secondo i dati ISTAT, nel 2018 la produzione e il fatturato di oreficeria e bigiotteria sono rimasti in crescita, rispettivamente dell’8,4% e del 4,6%.  Tra i Paesi coinvolti solo gli Stati Uniti segnano un valore positivo (+2%) conquistando il secondo posto dopo la stabile Svizzera. Calano invece le esportazioni verso Hong Kong (-4,3%), Emirati Arabi Uniti (-16,1%) e Francia (-5,8%) che nel 2017 aveva registrato un boom di vendite dall’Italia. .

Il trend delle esportazioni nell’ultimo quinquennio è stato altalenante, con un lieve aumento nel 2013, seguito da una lieve diminuzione nel 2014. Stessa dinamica nel biennio successivo 2014-2015 per poi segnare un nuovo calo nel 2016, prima dei risultati positivi del 2017 sopra citati, che andranno poi confermati con i dati degli ultimi tre mesi del 2017.

Sul fronte dei consumi interni, i valori negativi sono, tra gli altri fattori, riconducibili alla debolezza economica degli ultimi anni ed al perdurare pluriennale del periodo di crisi. Oltre l’instabilità politica, tra i principali fattori ritroviamo anche l’incertezza nel futuro e l’alto tasso di disoccupazione che influisce sensibilmente sul potere d’acquisto della popolazione, in particolare per i beni non essenziali, come la gioielleria.

Il fenomeno è parzialmente compensato dalla forte domanda di beni in materiali preziosi, inclusi oro e diamanti, visti sempre più come un investimento relativamente sicuro. Da segnalare che a sostegno delle vendite di fine jewellery c’è la grande richiesta di gioielleria Made in Italy in particolare dei turisti cinesi, che spendono una media di 1.000€/giorno.

A fronte dei cambiamenti nella situazione economica interna e internazionale degli ultimi anni, del rallentamento dei consumi e dei cambiamenti negli acquisti, i fattori che hanno contribuito alla tenuta del settore in Italia sono gli stessi che continuano a rappresentare un’opportunità per le ditte nazionali: l’abilità degli artigiani, l’accuratezza della lavorazione, l’originalità del manufatto che personalizza l’estetica senza snaturarne gli elementi formali, le proporzioni, i cromatismi che appartengono al gusto dominante; e ancora, lo stile, la qualità, la tecnica.

Le imprese italiane del settore orafo-argentiero sono circa 7.500 aziende che occupano più di 31.300 addetti. Nel 2018 le aziende attive denunciano una flessione dell’1,5%, ma gli addetti si sono ampliati dello 0,7%. Le aziende italiane innovano continuamente la gamma dei loro prodotti, privilegiando i segmenti di produzione a più alto valore aggiunto e con un forte contenuto creativo e di moda, e spingendo verso un continuo aggiornamento tecnologico.

Nel processo di gestione e pianificazione aziendale, l’attenzione ai fattori di marketing, a strategie aziendali innovative basate sul rapporto prezzo/qualità, alla affidabilità dei servizi al cliente, nonché alle politiche riguardanti i canali della distribuzione, sono elementi aggiuntivi che contribuiscono a determinare l’identità del “Made in Italy”.

L’organizzazione in distretti, o in poli di produzione, consente, di superare il limite rappresentato dalla piccola dimensione nel momento in cui le aziende si proiettano sui mercati esteri rappresentando un punto di forza per le piccole imprese.

Negli anni i confini distrettuali si sono allargati andando oltre i luoghi originari e inglobando le province delle città limitrofe. Così il polo vicentino ha assorbito le vicine città di Treviso, Padova e Verona; il distretto di Arezzo si è esteso sino a Firenze e Lucca; Valenza Po (Alessandria), a Torino ed Asti; Milano, a Como e Varese; Napoli si è estesa sino a Caserta; Roma si è ampliata fino a Frosinone.

Senza contare, per l’argenteria, Padova, Firenze, Palermo e le Marche. Sotto il profilo territoriale le prime due province per valore di export di settore sono Alessandria con il 30,6% e Arezzo con il 27,6% davanti a Vicenza e a Milano rispettivamente con quote del 19,2% e dell’11,2%. Su base annua Alessandria cresce, Arezzo arretra lievemente; più consistenti i ripiegamenti di Vicenza (-4,6%) e di Milano (-9,0%).

Nei distretti, il motore è il “genius loci”: recupera il passato di una cultura tradizionale, si tesse nel presente delle relazioni locali tra imprese e contesto territoriale, matura nel reciproco beneficio a venire; gli acceleratori: la ricerca, l’investimento, l’organizzazione distributiva e, soprattutto, la diversificazione dei mercati di sbocco. È quest’ultima, unitamente all’attenzione ai cambiamenti economici e culturali che riguardano il consumatore, che resta elemento cruciale nella sfida del prossimo futuro.

Certamente in un periodo di contrazione della domanda nei mercati tradizionali, bisogna individuare nuove destinazioni; alcuni Paesi, in precedenza considerati come concorrenti potenziali o come tendenziali riproduttori di idee e di design, sono invece cresciuti progressivamente sul piano dei redditi e dei consumi.

In questo senso vanno anche le scelte, che CNA Orafi sostiene fortemente, afferma infatti il Portavoce nazionale Arduino Zappaterra:” Vicenza oro vede la presenza di buyer di alto livello da tutte le aree del mondo, è necessario quindi chiedere maggiori risorse al Ministero dello Sviluppo Economico, per essere ancora più competitivi. Faremo questo insieme alle altre associazioni orafe, a IEG a ICE. Perché comprendere per tempo l’evoluzione dei nuovi mercati, cogliere il cambiamento, a fianco delle imprese, rappresenta un valore aggiunto a supporto del mondo italiano “del fare”.

link diretto alla ricerca della CCIAA di Vicenza sui distretti orafi di Vicenza, Valenza e Arezzo clicca qui:

https://www.vi.camcom.it/it/servizi/statistica-e-studi/economia-vicentina-flash.html

https://www.vi.camcom.it/it/servizi/statistica-e-studi/analisi-congiunturale.html

https://www.vi.camcom.it/it/servizi/statistica-e-studi/conoscere-vicenza.html