Dal 30 giugno scatterà l’obbligo per tutte le attività professionali e imprenditoriali di dotarsi di Pos, ossia di dare alla propria clientela la possibilità di pagare con bancomat o carta di credito le transazioni superiori a 30 euro.
Nonostante ripetute richieste di rinvio e comunque di modifica del provvedimento, dal prossimo 30 giugno imprese e professionisti saranno tenuti ad utilizzare la moneta elettronica nella vendita di prodotti e nelle prestazioni di servizi, per importi oltre i 30 euro. Un provvedimento che, come abbiamo avuto modo di sottolineare, comporterà nuovi oneri per le imprese, tra i quali le spese di attivazione del Pos, ulteriori costi fissi di gestione, per non parlare delle commissioni relative ad ogni transazione finanziaria. La cui riduzione, peraltro, il precedente Governo aveva garantito, promettendo l’emanazione di un decreto, di cui si è persa traccia. Così com’è, dunque, l’obbligo di accettare pagamenti elettronici comporta un considerevole aggravio, soprattutto per aziende e soggetti economici dai volumi di fatturato molto bassi, o dai margini di redditività molto ridotti.
Se appare condivisibile l’obiettivo di modernizzare, rendere più trasparenti gli usuali sistemi di pagamento e combattere l’evasione fiscale, d’altra parte risulta inaccettabile che l’utilizzo della moneta elettronica costituisca un ulteriore aggravio, sia di carattere burocratico, che economico, per un sistema di piccole e medie imprese già provato da una crisi durissima, cui ha contribuito, in buona misura, la pesante zavorra di uno Stato esoso e affetto da una burocrazia asfissiante.
Per questo, è necessario, apportare correttivi alla introduzione del Pos per pagamenti sopra i 30 euro, quali ad esempio l’innalzamento dell’importo minimo, e la previsione di una gradualità nell’applicazione del Decreto, con l’esclusione dei settori economici a basso margine di redditività. Inoltre, va studiata una soluzione che favorisca la diffusione della moneta elettronica, attraverso un abbassamento dei costi di utilizzo, per imprese e cittadini.
Chiediamo che si faccia presto, quanto meno prorogando la scadenza del 30 giugno. Ciò, anche in coerenza con il dichiarato impegno, assunto dall’attuale Governo, ad operare per l’alleggerimento della gravosa mole di vincoli che impedisce il rilancio del sistema delle imprese italiane. Purtroppo, non costituiscono certo un segnale positivo le recenti vicende recenti della Tasi, la tassa sugli immobili, che si sta rivelando di entità analoga, se non addirittura superiore all’Imu. Le imprese debbono poter contare su un quadro di certezze, che l’attuale applicazione della Tasi certamente non garantisce. Oltre al fatto che, a seconda del Comune di residenza, queste dovranno effettuare il pagamento della Tasi adesso, o a ottobre, in base al criterio della tempestività o meno della rispettiva Amministrazione locale a deliberare gli indici di applicazione della nuova tassa sugli immobili, creando evidenti disparità di trattamento tra impresa e impresa.
CNA Forlì-Cesena