Nel nostro sistema sanitario si è imposto un cambio di rotta deciso, dando avvio a un processo complessivo di riforma. Le novità introdotte dalla riforma Balduzzi  sono dettate anche dalla necessità di razionalizzare e ridurre la spesa sanitaria derivante dalle misure introdotte dalla spending review (Legge 7 agosto 2012, n. 135).

La riduzione dei costi prevista da tale norma è pari a 900 milioni di euro nel 2012, 1.800 milioni nel 2013 e 2.000 milioni a decorrere dal 2014. Tali misure si aggiungono a quelle decise nel 2011, che avevano già previsto una riduzione del finanziamento del SSN pari a 5 miliardi di euro dal 2014 (legge 15 luglio 2011).

Le disposizioni previste dalla spending review in ambito sanitario in sintesi: riduzione del 5 % di beni e servizi; riduzione dello standard dei posti letto da 4 a 3,7 per mille abitanti, con la riduzione del tasso di ospedalizzazione da 180 a 160 per mille abitanti; l’abbassamento del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici; la riduzione di erogazione di prestazioni private di assistenza specialistica ambulatoriale e assistenza ospedaliera; proroga degli obiettivi di contenimento della spesa complessiva di personale che era stata prevista per gli anni 2012-2014.

L’obiettivo primario della riforma  è dunque quello di razionalizzare la spesa sanitaria, senza intaccare la qualità delle prestazioni, elevando il  livello di tutela della salute, ma facendo attenzione ai costi.
I nuovi tagli come previsto nella legge di stabilità andrebbero ad incidere su un settore già messo a dura prova dai 21 miliardi di riduzione del fondo sanitario degli ultimi tre anni. Non si possono nascondere le grandi difficoltà che vive la nostra sanità, l’aspro e difficile rapporto con le regioni, il malessere che attraversa l’insieme del mondo sanitario, i cittadini che fanno i conti con la riduzione dei servizi.

Particolare attenzione meritano i nuovi indirizzi programmatori per il riordino della rete ospedaliera. Sugli effetti che la spending review avrà sul sistema sanitario regionale,  la CNA  dell’Emilia Romagna ha raccolto i dati di una ricerca effettuata e resa pubblica nella conferenza stampa del 19 dicembre scorso. 

I risultati della ricerca confermano che si tratta di una vera e propria stangata quella che subirà il sistema sanitario emiliano romagnolo, nonostante venga presentata una situazione positiva nella gestione finanziaria del servizio sanitario, che ha registrato tra il 2007-2011 saldi attivi tra ricavi e costi sanitari. Nel 2011 l’avanzo sanitario era di 35 milioni di euro, pari a + 8 euro procapite (la media nazionale è di -29 euro).
Il sistema sanitario emiliano romagnolo, come sottolinea la ricerca, è orientato verso un modello di erogazione di prestazioni e servizi sanitari fondato sull’utilizzo di risorse interne al settore pubblico: infatti, i costi dell’assistenza diretta rappresentano ben il 71,3% della spesa complessiva, a fronte di una media nazionale del 64,4%. Di converso, l’erogazione delle prestazioni da parte di strutture private accreditate e convenzionate non arriva al 30%.

Nel complesso, dunque l’Emilia-Romagna si conferma quale Regione “virtuosa” in sanità: presenta un saldo tra ricavi e costi sanitari ampiamente e costantemente positivo; si contraddistingue per un elevato grado di autofinanziamento della spesa con entrate proprie (47,6% a fronte di una media del 38,2%); riceve una quantità limitata di trasferimenti statali destinati alla sanità (987 euro procapite a fronte di una media pari a 1.126 euro); fa registrare un livello di compartecipazione ai cittadini (ticket) superiore alla media nazionale; presenta una forte attrattività di pazienti provenienti da altre regioni (il saldo della mobilità sanitaria nel 2011 è in attivo di 339 milioni di euro).

Tuttavia, nonostante questi elementi dimostrino la virtuosità della sanità emiliano romagnola, è proprio l’Emilia-Romagna la Regione destinata a essere la più penalizzata dai tagli: si pensi solo al fatto che la nostra Regione dovrà tagliare un terzo del totale dei posti letto da eliminare a livello nazionale.
Nella ricerca si segnala poi un ulteriore azzeramento di risorse. Si tratta degli stanziamenti governativi alle regioni relativi al Fondo per le non autosufficienze che, nel corso degli ultimi 3 anni, è passato dai 31.839.131 euro del 2009 ai 30.839.131 del 2010 e ai 7.420.000 del 2011.

Tutte queste penalizzazioni sono la conseguenza di una modalità operativa basata su parametri astratti, che producono effetti contraddittori.
Basti pensare che regioni attualmente sottoposte al Piano di rientro sanitario, come Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia, potranno addirittura aumentare il loro numero di posti letto, mentre altre regioni, caratterizzate da conti sanitari in ordine come la regione Emilia-Romagna, saranno costrette ad operare una riduzione di tale dotazione. Un meccanismo paradossale di cui la nostra Regione rappresenta forse il caso più eclatante.
Gli effetti reali sui cittadini si faranno sentire anche perché l’erogazione delle prestazioni e dei servizi sanitari si basa in prevalenza sull’utilizzo delle risorse interne al settore pubblico: infatti i costi dell’assistenza diretta rappresentano ben il 71,3% della spesa complessiva, a fronte di una media nazionale del 64,4.
Il volume e la rigidità dei tagli è tale da rendere difficile una operazione di riduzione di spesa efficace: un lavoro sensato di trasformazione di posti letto anche se utile, diventa difficile per i  tempi dati e le modalità che possono consentire positive relazioni fra pubblico e privato per dare risposte adeguate alla domiciliarità per la non autosufficienza.

Ancora una volta si che le vere riforme vanno effettuate in maniera complessiva e non procedendo per singoli pezzi o settori. Le riforme “calate dall’alto”, inoltre, si scontrano puntualmente con la necessità di una maggiore autonomia organizzativa e decisionale a livello locale, specialmente per regioni come l’Emilia-Romagna che dimostrano con i risultati la virtuosità della loro azione amministrativa. 

La  CNA Pensionati proprio in base alla grave crisi che sta attraversando il nostro paese, richiede uno straordinario e prolungato impegno affinchè il sistema di tutela della salute non venga stravolto, ma al contrario migliorato e consolidato. 
Il diritto alla salute come sistema universalistico rimane per noi fondamentale, pur nella consapevolezza della necessità della riduzione dei costi e della non più procrastinabile razionalizzazione della spesa in sanità