Dal limoncello di Sorrento all’amaro delle Valli Alpine, dagli estratti erboristici ai liquori delle Abbazie: in Italia sono circa 2.700 i piccoli laboratori che producono liquori o bevande alcoliche, sui quali gravano numerosi adempimenti che producono il rischio di chiusura delle attività.

Il problema sta tutto nella mole di registri cartacei e informatici, complicati e farraginosi,  che gli imprenditori sono tenuti a compilare per certificare gli acquisti dell’alcool utilizzato per la preparazione dei liquori e il relativo pagamento all’Erario delle accise sull’alcool.

Un adempimento inutile poichè l’accisa viene pagata alla fonte, in tal modo l’alcool diventa una qualsiasi materia prima sulla quale il controllo fiscale non giustifica la quantità e la complessità dei dati da fornire.

“Basta burocrazia inutile”. E’ l’allarme lanciato da  Mauro Cornioli, Presidente di Confartigianato Alimentari Vari, e da Giorgio Giorgini, Coordinatore nazionale di CNA Erbe, i quali sollecitano al Parlamento la modifica del Decreto Legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 per escludere le aziende produttrici di liquori dall’obbligo della tenuta dei registri, cartacei e informatici.

Nonostante la sensibilità dimostrata dalla Direzione Generale dell’Agenzia delle Dogane, che ha prorogato di un anno i termini  per la presentazione delle denunce annuali degli acquisti di alcol – sottolineano Cornioli e Giorgini – rimangono gravi problemi per le piccole aziende costrette a subire un  assurdo livello di incombenze burocratiche”.

“L’eliminazione dell’obbligo di tenuta dei registri – fanno rilevare i rappresentanti di CNA e Confartigianato – produrrebbe numerosi benefici: nessun danno per l’erario, alleggerimento dei compiti del personale dell’Agenzia delle Dogane preposto al controllo con un notevole risparmio per l’Agenzia, per lo Stato e per i cittadini, minore burocrazia per le aziende che potrebbero dedicarsi al loro lavoro”.


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Laura Pedulli tel. 0543 770175 – email: laura.pedulli@cnafc.it